Chi Siamo

ALEX COMPUTER nasce nel lontano 1982 e diventa presto il primo negozio in Italia a credere nel videogioco.
Ci piace ricordarne la storia rivivendo la recente evoluzione dell’informatica, non solo perché ci siamo saputi adattare perfettamente alle nuove tecnologie, ma perché ne siamo stati promotori e abbiamo avuto modo di osservare l’impatto e l’interesse che esse hanno via via suscitato negli Italiani…

Alex computer nasce lo stesso anno in cui viene lanciato il COMMODORE 64, ad oggi il modello di computer più venduto al mondo (come riporta il Guinness dei primati). Nell’arco degli 11 anni in cui il COMMODORE 64 è stato sul mercato ne sono stati venduti ben 17 milioni di esemplari: a quattro anni dal lancio, nel 1986 ne furono venduti ben 10 milioni di "pezzi", ed è stato in commercio fino al 1993, anno in cui se ne vendettero “solo” 700.000. In quel periodo piattaforme concorrenti erano l’Atari 800, l’Apple II e il Sinclair Spectrum.

All’epoca i dati venivano salvati sulle classiche audiocassette, e i giochi, venduti sempre su audiocassette, venivano “caricati” sul computer con un mangiacassette personalizzato, comandato dal computer (il mitico datasette 1530). Certo, la registrazione e lettura dei dati su floppy disk, che consentiva un accesso non vincolato allo scorrimento del nastro, era già stata inventata da tempo, e dal 1976 era possibile con dischi da 5” ¼, il formato grazie al quale i computer si sono diffusi nelle case degli Italiani; ma solo nel 1986 che il floppy disk drive (FDD) venne considerato un vero e proprio accessorio per le piattaforme.

Quell’anno la Commodore produsse il modello 1541, costoso tanto quanto il COMMODORE 64 e che leggeva i dati da un solo lato del disco. Dato che i dischi da 180k singolo lato costavano circa 15.000 lire (7 euro), l’ingegnoso popolo degli informatici, armato di forbici, vi faceva un intaglio per poterli utilizzare da entrambi i lati. La loro flessibilità (floppy in inglese significa appunto flessibile) e il fatto che il loro supporto magnetico fosse “a vista”, rendevano poi i floppy disk molto delicati: bisognava riporli sempre nella loro confezione, ed erano frequenti le arrabbiature perché erano diventati illeggibili. Ma nessuno di questi difetti riusciva a smorzare l’emozione di scrivere “DIR”, veder comparire i propri file e arrivare (quasi) subito all’informazione richiesta, senza dover aspettare tutto lo scorrimento del nastro!

Nei primi anni Ottanta, molte case produttrici provarono ad ovviare ai difetti dei floppy con nuovi modelli più piccoli di dischi: alla fine si impose il formato da 3 pollici e mezzo prodotto dalla Sony, che ci ha accompagnato fino al 2010, oggi si vendono ancora lettori floppy su porta usb per utenti nostalgici o giurassici. Più piccolo dei dischi da 5” ¼ ma con capacità doppia, il disk della Sony aveva una lamella di metallo che, quando il disco veniva estratto dalla macchina, andava a coprire la parte magnetica esposta, proteggendola. Malgrado la sua struttura esterna non fosse flessibile, la Sony mantenne il nome di floppy disk, e da quel giorno quel termine entrò a far parte della quotidianità degli utenti.

La macchina che ha contribuito a diffondere l’uso del floppy, dopo l’Apple Classic (che però lo formattava a 880kb ed aveva costi da computer di fascia alta), è stata senz’altro l’Amiga, che la Commodore propose nello stesso periodo in cui nascevano il primo MS-DOS di Microsoft e il primo computer Mac di Apple.

A rendere quotidiano per gli Italiani l’uso del floppy non fu tanto l’amiga 1000, un computer di fascia “alta”, quanto l’Amiga 500, venduta dal 1987, che come il COMMODORE 64 sfruttava la formula all in one (tutto in uno), racchiudendo tastiera e computer in un monoblocco. Si poteva collegare al televisore di casa, dove tramite un sintonizzatore tv sfruttava la ricerca dei canali, ma l’ideale era acquistare il suo monitor, che evitava fastidiosi sfarfallii. La gente cominciava ad avere la cultura dell’acquisto congiunto di computer + monitor.

Il commodore Amiga, come già gli Apple, nacque con il mouse , un accessorio che invece il mondo del PC all’epoca snobbava come inutile, e che solo con l’avvento di Windows riconobbe come indispensabile. Pare che, spaventata dall'accoglienza di mercato, e dall'interesse del grande pubblico verso il Macintosh, la Microsoft lanciò una campagna pubblicitaria che recitava così: «I veri uomini non usano il mouse». Lo slogan dall’aria machista voleva far passare l'idea che i computer con interfaccia testuale, basati su tastiera, erano la scelta d'elezione del vero programmatore e dell'utente che volesse avere il controllo totale del computer.
I mouse dell’epoca avevano o un tasto, come quelli degli Apple, o due tasti come sull’Amiga. Per rilevare il movimento usavano una pallina, che andava pulita periodicamente: i mouse ottici, con in più l'aggiunta dello scroll fra i due tasti, arrivarono solo successivamente.

Grazie all’Amiga, le case sviluppatrici di software cominciarono a mettere sul mercato videogiochi di tutti i tipi, attirate dall’alto numero di possibili clienti, e dal fatto che i giochi si potevano duplicare facilmente, questo permetteva alle case produttrici di risparmiare per la produzione, ma nel contempo dall'altra si sviluppò un mercato della pirateria informatica. La gente acquistava l’Amiga perché a differenza delle consolle dell’epoca (Nintendo 32, sega mega drive, Neo Geo), che usavano tutte cartucce molto costose, i giochi costavano molto poco. Nacque un vero e proprio filone di riviste dedicate, spesso con allegati raccolte di giochi completi.

E’ proprio in questo periodo che ALEX COMPUTER si specializzò nella vendita dei videogiochi. Buona parte dei giochi venivano venduti per corrispondenza, tramite riviste come THE GAMES MACHINE, dal momento che non esisteva ancora Internet. Gli ordini si prendevano esclusivamente per telefono o per fax, ed i giochi erano scelti in base alla loro copertina e alle recensioni delle riviste.

Intanto anche i personal computer cercavano di avvicinarsi al mondo dei giochi, ma essendo senza suoni, bisognava installare una scheda sonora. In un primo periodo regnò il caos: ogni casa produttrice si faceva la sua scheda, e i giochi funzionavano o con questa o con quella (la Lucas lanciò addirittura una sua scheda che funzionava solo con i giochi prodotti dalla Lucas Arts, vero punto di riferimento per i giochi di avventura). Il mercato si standardizzò grazie alla Creative: mitiche le sue prime SOUND BLASTER, soprattutto la SOUND BLASTER PRO lanciata nel 1991, campione di vendite! Ma sono state le schede acceleratrici della 3DFX chiamate VOODOO, vendute dal 1994, a far decollare il 3D (non quello degli occhialini dei nostri giorni...) nei PC: chi poteva permetterselo acquistava una matrox Millenium da 2 mb (sì, 2mb!!!), altrimenti ripiegava su una più economica Mistique da 512kb. Ma la lotta era molto dura: oltre che dalla Matrox, 3DFX era insidiata anche da Nvidia (un caso?). E fu proprio la nVidia Corporation, il 15 dicembre del 2000, ad acquisire la 3DFX, dopo che questa aveva riscritto la storia delle schede video.
Noi in tutto questo non siamo stati dei semplici osservatori, ma dei consiglieri su cosa era meglio scegliere in quel periodo, valutando sempre il rapporto prezzo/prestazioni in base anche all’esigenza del cliente.

Alla fine degli anni Ottanta, i floppy disk erano diventati il formato scelto dalle case di software per installare i programmi. La crescente complessità degli ambienti e dei programmi, però, rendevano necessari sempre più floppy. Tutti ricorderanno che per il dos 6.2 servivano 3 dischetti, e che per il primo Windows ne venivano forniti 7, anche se non tutti servivano per l’installazione. Per OFFICE bisognava acquistare una cassettiera per tenerli tutti… L’evoluzione necessaria dei floppy disk furono gli hard disk. (Questo perchè per i computer come l'Amiga o altri pc, l'hd era ancora un accessorio, il floppy permetteva di caricare in memoria i dati necessari).
Il primo modello di hard disk per personal computer fu prodotto dalla Seagate nel 1980. Aveva una forma più grande di quelli attuali (5,25 pollici, come le ottiche di oggi), e una capacità di 5mb. Furono montati in computer AT&T allora prodotto negli stabilimenti della Olivetti di Ivrea, poi furono montati nei computer M24 che nel giro di pochi anni invasero tutta l’Italia.

La capacità di archiviazione è costantemente cresciuta. Ai tempi dell’Amiga (1987), c’era un accessorio da affiancare all’amiga con una capacità di ben 20 mb: oggi un disco da 2 terabyte (guarda caso, sempre della Seagate) costa poco più di 80 euro.
Il floppy, come sistema di archiviazione e trasporto di dati veloce è stato sostituito dai pen drive, e in alcuni casi dai dvd riscrivibili. Oggi con 99 euro si può acquistare un masterizzatore blu ray che salva fino a 50gb di dati. E domani?

Non importa cosa succederà domani, NOI CI SAREMO, e saremo felici di poter condividere con Voi le nostre esperienze.

Lo staff di Alex Computer

Questa storia è stata scritta di getto da Alberto Ruffinengo, e quindi è molto probabile che vi siano degli errori e delle gravi dimenticanze. Sarò grato a tutti coloro che vorranno dare il loro contributo correggendo gli errori o facendomi presente alcuni importanti passi dimenticati scrivendomi a INFO@ALEX.IT

Se lo gradite, specificandolo nella mail, il vostro suggerimento comparirà in questa storia con il Vostro riferimento

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